PIEMONTE

MUSEO EGIZIO

Nel centro di Torino

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PIEMONTE

MUSEO
EGIZIO

Nel centro della
città di Torino

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PIEMONTE

MUSEO EGIZIO

Nel centro di Torino

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Museo Egizio (Torino)
Un meraviglioso viaggio indietro nel tempo fra papiri, mummie, statue ed incredibili leggende.

Un filo sottile lega indissolubilmente Torino e la civiltà egizia.
Una leggenda narra infatti, che il capoluogo piemontese venne fondato da un principe egizio di nome Eridano fuggito dalla sua terra natia. In cerca di un posto dove stabilirsi, dopo lungo peregrinare, Eridano giunse nel nord Italia e qui trovò una pianura a ridosso di un fiume simile al Nilo dove decise di fermarsi.
Nacque così Torino, il cui nome sarebbe da ricondurre al culto del Dio Api, dalle sembianze di un toro, appunto.
Leggenda o realtà, non stupisce che, fin dal 1800, il capoluogo sabaudo ospiti il più antico museo dedicato alla civiltà nilotica e che, per la quantità di reperti ospitati (circa 40.000), sia secondo solo al museo del Cairo.
La collezione, ospitata all’interno del Palazzo dell’Accademia delle Scienze recentemente ristrutturato, dal 1° aprile 2015 è nuovamente visibile al pubblico con un’esposizione tutta nuova, percorsi rinnovati, installazioni scenografiche, sezioni interattive, una sala mostre e aree didattiche di approfondimento.
Un museo che guarda al futuro e alle nuove generazioni con l’aiuto del digitale e del web.

Info:
Indirizzo: Via Accademia delle Scienze, 6
Comune: Torino
Tel.: 011-4406903
Periodo consigliato: tutto l’anno

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Info:
Indirizzo: Via Accademia delle Scienze, 6
Comune: Torino
Tel.: 011-4406903
Periodo consigliato: tutto l’anno

Il museo negli anni ha cambiato veste e aspetto più volte, ma ciò che è rimasto immutato è il fascino che questo popolo di leggendari faraoni e ammaglianti regine, ha da sempre esercitato su grandi e piccoli.
Innumerevoli sono le sale e i reperti che stuzzicheranno la vostra curiosità durante la visita. Come la tomba intatta dell’architetto Kha e di sua moglie Merit, scoperta nel 1906 dall’egittologo Ernesto Schiapparelli a Deir el Medina. Fa un certo effetto trovarsi a tu per tu con oggetti che hanno più di 3.000 anni, tutti perfettamente integri e meravigliosamente conservati. Tuniche, sandali, perizomi cifrati con iniziali, gioielli, pettini, una parrucca in capelli veri e un cofanetto per la toeletta; e ancora lenzuola, coperte con frange, poggiatesta, sgabelli pieghevoli, sedie, letti, oggetti da lavoro.
E che dire delle ceste e dei panieri colmi di cibi che sembrano pronti ad essere consumati? 

Mentre le mummie di Kha e della sua amata Merit continuano a riposare nei loro sarcofagi finemente decorati, merita uno sguardo il lungo papiro che riproduce il Libro dei Morti, un testo magico-religioso della tradizione funeraria che raccoglie formule e rituali legati alla vita ultraterrena.
Diciamo la verità, chi di noi non pensa alle mummie quando si parla di civiltà egizia? Ecco, anche sotto questo aspetto il Museo di Torino non vi deluderà. Le vere “celebrities” fra tutte le mummie esposte, sono senza dubbio “le tre sorelle”: Tapei, ovvero “Topolina”, Tama cioè “Gatta” e Neferrenepet che significa “Buonanno”, questi i nomi bizzarri delle giovani figlie di un sacerdote, morte a pochi giorni di distanza l’una dall’altra. Solo ad una di loro sono state tolte le bende, rivelando un volto di fanciulla incorniciato da alcune ciocche di capelli. Per i più curiosi, sono esposte anche mummie di cane, coccodrillo, bue, volatili e soprattutto mummie di gatto. Eh sì, i nostri amici felini erano considerati animali sacri dagli egizi, tanto che gli vennero dedicate intere necropoli a Tebe e Saqqara.
Ma è il “mondo dei vivi” che ci ha restituito i reperti e i frammenti più affascinanti, come il famoso ostracon in calcare con danzatrice, riprodotto su molti libri di storia. Impossibile non innamorarsi di questa giovane fanciulla dal fisico atletico, impegnata in una danza acrobatica.
Rappresentata di profilo, tocca il suolo con le punte delle mani e dei piedi inarcando la schiena con grazia. Il corpo seminudo, ci mostra la linea dei seni e una folta chioma di capelli scuri e ricci; ai fianchi indossa un perizoma decorato con motivi geometrici. Osservandola, vi sembrerà quasi di udire la melodia dolce di un’arpa o di un flauto ad accompagnare la sua danza. Dopo aver ammirato gioielli, amuleti, vasi di terracotta, geroglifici su papiro e magnifici scarabei dai colori pastello, giungerete finalmente a varcare la soglia dello statuario.
Il suo allestimento, opera dello scenografo premio Oscar Dante Ferretti si ispira, come ha dichiarato lui stesso, alle suggestioni de Le Mille e Una Notte. Le luci soffuse e calde illuminano le statue in marmo e granito moltiplicando la loro immagine in un gioco di specchi e riflessi infiniti. All’ingresso della prima sala, un’enorme colonna con capitello papiriforme ci ricorda la sacralità della natura e l’importanza del fiume Nilo. Ai lati, quasi fossero a guardia di un tempio, ecco due Sfingi dall’immancabile posa plastica e solenne. E poi a seguire il corteo di statue della dea Sekhmet, metà donna e metà leonessa, che racchiude in sè forze distruttrici e guaritrici. Al fondo della sala spicca il gigante dello statuario: una imponente raffigurazione di Sethi II da cinque tonnellate di peso. Il sovrano ci scruta dall’alto impugnando un papiro e un bastone divino.
Ma il simbolo del Museo Egizio di Torino si trova nella seconda sala e vi lascerà a bocca aperta. Si tratta della statua del leggendario Faraone Ramesse II, capolavoro dell’arte egizia, tanto da essere equiparata all’Apollo del Belvedere. La morbidezza dei lineamenti, la veste finemente drappeggiata, i sandali ai piedi, le figure del figlio e della regina in miniatura, ci restituiscono l’immagine di un sovrano giovane, vigoroso e molto rispettato.
Nelle ultime sale del Museo Egizio si cela un mistero. Un busto di donna rappresentata con lineamenti marcati, indossa una veste molto aderente e sul capo porta un’acconciatura con piume di avvoltoio: siamo forse al cospetto della mitica Cleopatra? Alcuni indizi porterebbero a supporlo anche se rimangono ancora molti dubbi. La vera chiave del mistero parrebbe celarsi nel suo copricapo: sono tre urei (simbolo dei tre regni) o tre cobra quelli rappresentati sulla sua testa? Forse non si verrà mai a capo dell’enigma, ma ci piace pensare che anche il Museo di Torino conservi il ricordo di Cleopatra, a memoria di quella che è stata la grandezza e la magnificenza della civiltà egizia prima del suo inesorabile declino.

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